Este arte no debe ocultarse bajo palabras oscuras, pero tampoco
debe ilustrarse tan claramente que a todos resulte comprensible.
[...] los necios no comprendáran nada de él.

giovedì 10 febbraio 2011

Elementi

Tecnica: puntasecca
Dimensione: 150x40 mm
Stampa: carta Magnani, 210x100 mm

Uomo Cosmico

Tecnica: morsura aperta, acquaforte
Dimensione: 500x600 mm
Stampa: carta Magnani, 850x900 mm

Dell’intrinseca natura femminile e romanica di Pescia

Tecnica: morsura aperta, acquaforte
Dimensione: 300x300 mm
Stampa: carta Magnani, 500x700 mm

Mappa d’oltrarno nello specchio ell’anima mia

Tecnica: craquette, acquaforte
Dimensione: 360x230 mm
Stampa: carta Magnani, 50x70 cm

Ex libris

Tecnica: acquaforte
Dimensione: 100x140 mm
Stampa: carta Magnani, 140x240 mm

Il Gatto della strega

Il Gatto della strega
Tecnica: litografia a cinque colori
Dimensione: 540x400 mm

I Tritoni

Tecnica: litografia a due colori
Dimensione: 350x500 mm

Il Polpo

Tecnica: litografia a tre colori
Dimensione: 350x500 mm

Il cammino e il Pavone

Tecnica: litografia a due colori
Dimensione: 350x600 mm

Grillo

Tecnica: litografia a tre colori
Dimensione: 420x600 mm

Le fondamenta




Il testo é tratto da un racconto del “Manuale di zoologia fantastica” di Borges e Guerrero.

É una scatola di cartonlegno foderata di carta giapponese con applicazioni in rame da sbalzo.

Misura 7 cm di larghezza, 15 di lunghezza e 10 di altezza.

Contiene un’unica incisione all’acquaforte stampata con fondino di carta giapponese su carta avorio liscio Magnani, la lastra misura 8x50 cm.

Il racconto riguarda un’antica curiosa prova cosmologica dell’esistenza di Dio, essenzialmente dimostra che ogni cosa deve avere un principio misterioso, poiché non si puó risalire all’infinito nella ricerca di una causa prima.









Bahamut

“In principio Dio creó la TERRA
sopra la terra SETTE CIELI
sotto la terra SETTE INFERNI
ma la terra
non aveva sostegno
cosí, sotto creó un ANGELO.
Ma l’angelo
non aveva sostegno
cosí mise sotto i suoi piedi una
MONTAGNA DI RUBINO.
Il suo FONDAMENTO
fu posto nella nuca del TORO
dai quattromila occhi, nasi, bocche, lingue e piedi.
Quello del toro
in un letto di SABBIA,
la sabbia in BAHAMUT,
Bahamut in un VENTO SOFFOCANTE;
e sotto pose ACQUA
e sotto l’acqua OSCURITÁ e NEBBIA.
IL FONDAMENTO DELLA NEBBIA . S’IGNORA.

(da J.L. Borges, “Manuale di zoologia fantastica”)



Tammuz

Tammuz é il nome di un importante dio babilonese; la sua vicenda ricalca quella egiziana di iside ed Osiride, quella greca di Adone e Persefone e perfino la pasqua giudea e cristiana, per certi versi. Egli é un dio cacciatore (come Diana), figlio di Inanna (Ishtar per gli egizi) il principio generatore femminile, grazie a lui gemme ed animali hanno forza di riprodursi. Tammuz cresce cosí giusto e bello da riuscire a sedurre persino sua madre, e congiuntosi con quest’ultima tenta di usurparla; la punizione giunge immediata: la regina lo condanna ad essere massacrato da un cinghiale e appena Tammuz viene inghiottito negli inferi la natura diviene arida e immobile. Perció pentita e disperata Inanna intraprende un pericoloso viaggio per recuperare il figlio. Attraversa sette porte ad ognuna delle quali é costretta a spogliarsi di un’arma o di un gioiello; giunge nuda al cospetto di sua sorella Erek Shigal sovrana delle ombre e la sconfigge riscattando Tammuz. A questo punto esistono molte versioni con sottili differenze, nell’epilogo si celebra comunque Tammuz risorto e il ciclo della vita ristabilito. Egli é infatti un dio morto che riesce ad oltrepassare il regno degli inferi attraverso distinte fasi: per questo motivo é il dio dei cicli della natura e del succedersi nelle stagioni di prosperitá e arsura. il suo simbolismo é dunque collegato al ciclo solare, la sua morte viene collocata all’inizio della primavera durante o vicino l’equinozio, proprio come negli altri miti e feste sopra citate.

Le notturne, ovvero manifestazioni da una coscienza disciolta




Il libro consta di nove incisioni, sette in tecnica mista e due monotipi, le lastre misurano 200x200 mm, é stampato su carta fabriano tiepolo.

La copertina é realizzata in piombo.

Il tema é estremamente intimo: si tratta di una serie di visioni notturne, ciascuna scena si svolge in una camera da letto, che si tratti di cose realmente accadute (senso orizzontale), di sogni (senso verticale) o incubi.


Premessa alle notturne

Tecnica: monotipo




Allevavo due zanzare


Tecnica: acquatinta, acquaforte



Come una gallina viva in gola


Tecnica: maniera allo zucchero, acquatinta



Sentivo una oscura energia


Tecnica: puntasecca



Commento


Tecnica: monotipo



Dentro in fondo a me


Tecnica: puntasecca



Sembravo sublimare


Tecnica: spit-bite, acquaforte



Del talamo e del conforto


Tecnica: maniera allo zucchero, acquatinta

La Libellula

Tecnica: acquatinta, acquaforte
Dimensione: 200x200 mm
Stampa: carta Magnani, 380x400 mm



È un insetto peculiare ed estremamente affascinante che ha stimolato da sempre la fantasia poetica umana.

Le sue dimensioni, la sua forma affusolata, i toni iridescenti e metallici che ne accendono la livrea e le grandi ali, la sua capacità di volare in tutte le direzioni (perfino all’indietro) e di fermarsi sospesa, il suo rapporto con l’acqua hanno contribuito a moltiplicare la polarità del suo simbolismo. Nell’accezione positiva è collegata alla grazia, alla leggerezza quindi a femminilità, gioventù, verginità, tanto che il suo nome in lingua francese è “damigella dell’acqua” e che il Giappone si autodefinisce “Isola della libellula”.

Il suo bell’aspetto tuttavia non deve trarre in inganno: sono instancabili predatrici ed è proprio la necessità di sfamarsi continuamente ad “ispirare” ogni loro aggraziato movimento. Inoltre per via del colore cangiante e della rapidità della sua andatura rappresenta l’incostanza, l’inaffidabilità, l’illusione e l’effimero.

Tutti questi caratteri sono condensati nel nome che le viene attribuito in inglese “dragon-fly” (mosca drago) o “ago del diavolo”… Insomma, di tutto ciò che appare eccessivamente bello, è bene non fidarsi.

Storie di Mantidi

Tecnica: litografia a gouache, pastello
Dimensione: 300x500 mm
Stampa: carta Magnani, 500x700 mm



“Mantis”, in greco significa “profeta”, vale a dire colui che conosce il percorso da seguire.

Tale appellativo fu ispirato dalla sua postura che può ricordare un umano eretto in preghiera o nell’atto di indicare una direzione.

Il latino, l’italiano, lo spagnolo, ne hanno invece enfatizzato l’antropomorfismo posponendo al nome l’aggettivo di “religiosa”.

Per questo esistono varie leggende medievali che le collegano alle suore o alle donne in penitenza.

Ma l’abitudine biologica che ne è diventata la caratteristica simbolica primaria è quella di nutrirsi del maschio una volta terminato l’accoppiamento; benché questa sia consuetudine in natura per molte specie, ciò ha alimentato un patrimonio di allegorie negative. Rappresenta perciò l’empietà e l’ingratitudine; una donna che si approfitta del suo compagno è una “mantide”, i romani quando qualcuno si ammalava usavano dire “la mantide ti ha guardato”.

Per questo motivo nel Medioevo era anche chiamata “strozza galli”: si credeva che se il volatile ne avesse ingoiata una per cibarsene sarebbe stato sgozzato dall’interno e decapitato dal crudele insetto. Non è raro imbattersi, in alcune chiese romaniche, nell’immagine di una mantide che rapisce un puttino (l’innocenza).

È associata al diavolo, ai denti, al rapporto torbido fra sessualità e nutrizione perciò ai riti di iniziazione della pubertà.

Nell’Africa Australe, tuttavia, è considerata un demone della caccia e anche l’epifania del dio creatore.

La Zanzara o della molestia

Tecnica: puntasecca
Dimensione: 200x150 mm
Stampa: carta Magnani, 210x310 mm



In tempi antichi era patrimonio comune la credenza nell’autogerminazione di determinati esseri viventi; ciò riguardava soprattutto gli insetti che potevano essere originati dai miasmi malsani dell’ambiente o da materia in putrefazione.

La zanzara faceva parte di questa categoria: anche se non era affatto conosciuto il collegamento fra il contagio di alcune malattie mortali e queste creature, esse hanno da sempre turbato le nostre notti con fastidioso ronzio e dolorose punture. Ciò non ha fatto altro che diffondere una simbologia negativa, per Plauto sono l’emblema delle persone moleste e nella tradizione ebraica incarnano i ministri del castigo divino. Rappresentano anche la superficialità e l’ingratitudine: in una leggenda vietnamita una donna tramutata per punizione in zanzara affligge il proprio marito e chi la circonda per carpire la goccia di sangue che le permetterebbe di riacquistare la sua vita umana.


Vespe

Tecnica: xilografia a due matrici
Dimensione: 250x350 mm
Stampa: carta Magnani, 350x450 mm



“Nonostante appartengano alla stessa famiglia, hanno ispirato simboli opposti all’ape perché non producono né miele né cera e, soprattutto, la loro arnia è costruita sotto terra, in quelle tenebre, che evocano il disordine, la confusione e il male”.

(A. Cattabiani)

Ancora oggi infatti “cadere in un vespaio” significa affrontare una situazione complicata ed ostile. Nella tradizione cristiana il vespaio simboleggiava le sette eretiche che ordivano nell’ombra. Tale negatività è motivata dalla presenza del pungiglione, cioè di un arma offensiva.

Per Aristofane e Artemidoro la loro comparsa preannunciava l’arrivo di uomini perversi e crudeli; nella metereologia popolare si sosteneva che quando apparivano molte vespe durante l’autunno, l’inverno successivo sarebbe stato rigido.


Le api sono parole

Tecnica: puntasecca
Dimensione: 110x110 mm
Stampa: carta Magnani, 250x270 mm



Si racconta che le api furono nutrici di Platone, che dopo Amaltea fu Melissa (che in greco significa “ape”) a pascere il giovane Zeus col miele.

Essa é perció l’emblema della soavitá del verbo, dal quale nascono la poesia e la filosofia, quindi il canto e l’eloquenza.

Il nome dell’ape in ebraico é “DBURE”, deriva dalla radice “DBR” che significa PAROLA.

Corrisponde alla nota sol che è la risonanza più alta poichè simboleggia il suono di Brahmā (Giove).

Varrone spiegava come fossero sensibili alla musica e come bastasse una qualsiasi armonia per adunarle. La loro lode era comune nell’antichità: ispiravano socievolezza, disciplina, concordia, pace e ingegnosità.

Il cervo volante

Tecnica: mezzotinto
Dimensione: 80x80 mm
Stampa: carta Magnani, 250x270 mm

Arpie, Arp-io

Tecnica: gessetto su carta
Dimensione: 1000x1400 mm



“Sono divinità alate, di lunga e sciolta chioma, più veloci degli uccelli e dei venti; sono come uccelli con viso di ragazza, artigli ricurvi e ventre immondo, pallidi di fame che non possono saziare. Sono invulnerabili e fetide; tutto divorano, schiamazzando”

(Virgilio)

“Esse sono furie negli inferni, Arpie sulla terra e demoni nel cielo”

(Servio)

“Ali hanno late, e colli e visi umani,
piè con artigli, e pennuto l’gran ventre;
fanno lamenti in su li alberi strani…”
Divina Commedia, Inferno, canto XIII, vv. 10-15):

(Dante Alighieri)

La Fenice

Tecnica: acquatinta a pastello
Dimensione: 200x200 mm
Stampa: carta Magnani, 380x400 mm



È sicuramente l’animale simbolico più antico, il suo mito sembra essersi originato parallelamente in tutte le culture : in Cina, in Egitto, nella tradizione greco-romana e nel sufismo con inquietanti similitudini fra i racconti.

Ciò dimostra che la facoltà di simbolizzare è una caratteristica umana, squisitamente atavica, che in qualche modo prescinde i luoghi e le relazioni culturali, originandosi nelle sfere del pensiero cognitivo.

Il suo simbolismo è noto alla maggioranza: rappresenta la resurrezione, l’eterno ritorno, il ciclo della vita. Incarna il dio che crea e rinnova periodicamente il cosmo e il tempo.

Il sole, la presenza di un albero aromatico, il fuoco e la rinascita sono gli elementi ricorrenti che hanno contribuito alla formazione della sua leggenda classica già abbozzata ad Eliopoli verso la metà del primo millennio, ma approfondita ed ordinata da Erodoto e Ovidio fino ad arrivare alla versione nel Vangelo:

“Esiste in India un uccello detto Fenice, ogni cinquecento anni va verso gli alberi del Libano per riempire le sue ali di aromi e si annuncia con un segno al sacerdote di Eliopoli. Lì giunto sale sull’altare dove spontaneamente divampa un fuoco che lo consuma. Non ha discendenza poiché è esso stesso la sua discendenza: fra le sue ceneri resta un verme che in tre giorni si tramuta nell’esemplare adulto, che subito spicca il volo per ricomparire dopo cinquecento anni.”

“Possiede un becco lunghissimo provvisto come il flauto di numerosi fori. Da ogni foro del suo becco sgorga una diversa melodia tra le cui note si cela un arcano.” 

(Farid ab-din Attar)

Il Grifone

Tecnica: acquatinta, acquaforte
Dimensione: 200x200 mm
Stampa: carta Magnani, 380x400 mm



Tra i primi a fornire notizie sull’esistenza di tale belva ci fu Erodoto che li situa sotto le terre degli Iperborei, e poi Eliano, che invece li colloca in India:

“Il grifone è un quadrupede come il leone munito di artigli particolarmente robusti. È opinione comune che sia alato; il becco è come quello delle aquile e la testa è uguale a quella raffigurata dai pittori e dagli scultori. Dicono che i suoi occhi siano fiammeggianti e che costruisca il nido sulle montagne. Dicono anche che i grifoni fanno la guardia ai giacimenti d’oro della zona. Sono invincibili. I cercatori d’oro che vengono colti in flagrante sono spacciati.”

È veramente curioso analizzare questa apparentemente fantastica descrizione.

Dal punto di vista simbolico, questo animale dal corpo di leone e dalla testa e ali di aquila che fa il nido con l’oro è doppiamente “solare”; è infatti attribuito ad Apollo a Dioniso, ad Hèlios, e in seguito alla luce di Cristo. La sua duplice natura carnivora/carnale ed alata/elevata ritrae il contrastato percorso dell’uomo che tenta di vivere in equilibrio fra spirito e materia. Ma non è tutto. Ultimamente si è notato che la loro figura priva di ali somiglia incredibilmente al protoceratopo, una specie di dinosauro quadrupede lungo due metri e provvisto di una poderoso becco adunco, che visse proprio nel territorio dove nacque il mito. Nelle raffigurazioni vennero aggiunte le ali poiché quest’animale aveva già il becco.

Perfino la loro associazione all’oro, è spiegata dalla geologia: quei luoghi tradizionalmente appartenuti agli Sciti, sono ricchi di questo metallo che affiora sulla superficie desertica a causa dell’erosione. Durante i periodi di maggiori scambi e contatti tra questo popolo e la Grecia classica probabilmente le dicerie sulla ferocia di questa creatura furono esasperate per scoraggiare i cercatori d’oro occidentali.

Il Leone

Tecnica: spit-bite, maniera allo zucchero
Dimensione: 200x200 mm
Stampa: carta Magnani, 380x400 mm



Come l’oro, il re, il sole e il gallo implica come archetipo l’idea della preminenza e della maestà; presso tutti i culti pagani europei ed afroasiatici la sua immagine racchiude gli attributi della divinità.

Esso incarna la forza e il coraggio, di conseguenza la giustizia tanto che nel medioevo i giudizi venivano formulati ed emessi secondo la formula “inter leones et coram populo”. Per tutte queste qualità ovunque ed in ogni epoca essi sono protettori delle città dalle forze malvage e dagli invasori, quindi vengono posti a guardia dei portali d’ingresso; basti pensare all’entrata della città di Cnosso, alle sfingi che vegliano sulle piramidi in Egitto, ai portali di Babele, alle feste celebrate in Persia col nome di “leontiche” ed anche il romanico cristiano è ricco di leoni effigiati, nei portali, sui capitelli e nelle fontane.

In oriente, oltre al ruolo di guardiani, condividono molti aspetti simbolici col drago.

Non è trascurata, tuttavia, la sua potenzialità minacciosa; nel suo ruolo satanico il leone è simbolo di una della tre concupiscenze che portano alla perdita dell’animo: esso rappresenta l’orgoglio della vita, la superbia e la collera.

Nell’iconografia medievale la testa e la sua parte anteriore corrispondono alla natura divina, mentre la posteriore, più debole e meno caratterizzata, a quella umana.

La pantera o l’eleganza

Tecnica: mezzotinto
Dimensione: 110x130 mm
Stampa: carta Magnani, 250x270 mm



“Questa ha forma di leonessa, ma é piú alta di gambe e piú sottile e lunga.

Di questa si dilettano tutti li animali a vedere e sempre starebbon d’intorno SI NON FUSSE LA TERRIBILITÁ DEL SUO VISO; onde essa, questo conoscendo, asconde il viso, e li animali circustanti s’assicurano E FANNOSI VICINI PER MEGLIO POTER FRUIRE TANTA BELLEZZA; ma questa subito prende il piú vicino e lo divora”. 

(Leonardo DaVinci, “IL BESTIARIO”)

Leonardo riassume le credenze a lui precedenti; questa belva rappresenta l’irresistibilità del peccato: ciò che sembra sensuale ed innocuo si rivela mortifero.

La Iena o l’ambiguità

Tecnica: acquatinta lumeggiata, acquaforte
Dimensione: 120x90 mm
Stampa: carta Magnani, 250x270 mm



Si narrano cose mirabolanti su questa belva.

Solo da questo animale si diceva venissero scavate le tombe per trarne i cadaveri e cibarsene.

“I suoi occhi presentano mille varietá di colori che cambiano spesso”. 

(Plinio)

Ha facoltá di IMITARE LA VOCE DELL’UOMO e di MUTARE SESSO.

É ERMAFRODITA. Per queste rare qualità tutte legate all’incongruenza fra essere e apparire è di natura instabile; perciò, rappresenta la falsitá e l’inganno.

Della cattura della Tigre

Tecnica: litografia a gouache e pastello
Dimensione: 300x250 mm
Stampa: carta Magnani, 500x700 mm



“É una creatura magnifica di eccezionale bellezza e forza.

Non si ferma davanti a nulla, é tale il suo coraggio da poter sbaragliare un esercito.

Ma se le si pone davanti una sfera di metallo, questa subito s’arresta di fronte alla sua immagine riflessa; perchè, credendo quella visione un cucciolo della sua specie s’ammansisce; dunque i cavalieri la possono trafiggere.” 

(Physiologus)

Per una questione geografica, il simbolismo della tigre è molto più ricco ed importante in Oriente (in Asia questo animale è molto più comune che in Europa e Africa). I suoi caratteri peculiari restano comunque la nobiltà e la potenza alle quali si aggiungono tutti gli aspetti simbolici che in Occidente sono attribuiti al leone. Come il leone, infatti, essa è associata al cammino del sole e ai quattro punti cardinali.

Secondo una leggenda dell’Annam, la Tigre Rossa presiede al Sud, le corrispondono l’estate ed il fuoco; quella Nera al Nord, associato all’inverno e all’acqua; la Tigre Azzurra risiede in Oriente, le appartengono la primavera e le piante; quella Bianca si trova ad Occidente ed influenza l’autunno ed i metalli. Sopra le tigri cardinali regna la Tigre Gialla, che sta nel centro del mondo e rappresenta sia l’imperatore che l’universo manifestato.

È curioso notare come questo luogo simbolico tanto importante che in Europa è affidato ad un essere dalla forte caratterizzazione virile come il leone, sia qui ricoperto dalla tigre, tradizionalmente associata alla femminilità e alla maternità.

Dell’improbabile Chimera

Tecnica: litografia a pastello
Dimensione: 300x470 mm
Stampa: carta Magnani, 500x700 mm



Secondo la mitologia Greca la Chimera era figlia di Tifone e Echidna. Si favoleggiava fosse un mostruoso ibrido di tre animali: davanti leone, in centro capra (in greco Khimaira) e con la coda di serpente. Portò distruzione morte e sventura lungo le coste dell’attuale Turchia, finchè Bellerofonte, che alcuni considerano come figlio di Poseidone, riuscì ad ucciderla.

Questa prima versione del racconto appare nell’Iliade, ci imbattiamo nuovamente nella bestia in un passo dell’Eneide dove però è rappresentata con tre teste fiammeggianti; tale raffigurazione è quella a noi più familiare perchè appare così nel bronzo di Arezzo.

Già allora, ci si rese conto della improbabilità della sua esistenza, si interpretava fosse una metafora per designare il luogo dal quale suppostamente proveniva. Data l’eterogeneità anche dal punto di vista simbolico, essa non venne mai considerata un animale reale, passando in seguito a significare il “chimerico” cioè l’improbabile, l’inesistente, tanto che rincorrere chimere significa impegnarsi in azioni irrealizzabili. Idea falsa, vana immaginazione è la definizione che di “Chimera” dà oggi il dizionario.

Negli ultimi 100 anni l’interpretazione è cambiata radicalmente ed ha assunto un significato astronomico relazionato alla costellazione del leone e all’avvicendarsi delle stagioni. È semplice, quindi, risalire al simbolismo: il leone è la forza, il calore e quindi l´estate; il serpente è la terra, l´oscurità e quindi l´inverno, la vecchiaia; la capra è il passaggio, la transizione e quindi autunno e primavera.

La Manticora

Tecnica: gessetto su carta intelata
Dimensione: 1500x1100 mm



“Esso ha tre ordini di denti connessi come quelli di un pettine, faccia e orecchie d’uomo, occhi azzurri, corpo cremisi di leone, e coda terminante in aculeo come di scorpione. Corre con somma rapidità ed è amantissimo della carne umana; la sua voce è come un concerto di flauto e di tromba.” 

(Plinio)

Fino al ‘700 la convinzione dell’esistenza di questo animale era fortemente radicata; ma, mentre prima il mostro era localizzato in India, dopo la scoperta delle Americhe si favoleggiava vivesse in quei luoghi sconosciuti.

L’Unicorno o la lussuria

Tecnica: morsura aperta, acquaforte, eliografia
Dimensione: 200x200 mm
Stampa: carta Magnani, 380x400 mm



“La sua natura é potente e torbida, é la creatura piú veloce sulla terra ed é impossibile da catturare.

Ma se nei suoi paraggi una vergine si scopre il seno, QUESTO SUBITO LA FIUTA E NON PUÓ RESISTERE DAL SALTARLE IN BRACCIO E LECCARLE IL PETTO, onde si ferma, puó essere così intrappolato e condotto al palazzo del re”. . 

(Physiologus)

“In India si caccia anche un’altra fiera, l’unicorno che per il corpo somiglia al cavallo, ma per la testa al cervo, per le zampe all’elefante e per la coda al cinghiale; il suo muggito é profondo; un corno lungo nero s’erge in mezzo alla sua testa”. 

(Plinio)

Nessuno aveva dubbi circa l’esistenza di tale creatura: IL DENTE DI NARVALO ERA VENDUTO DA ORIENTE A OCCIDENTE COME “CORNO D’UNICORNO”.

Il pesce liocorno

Tecnica: bulino
Dimensione: 100x100 mm
Stampa: carta giapponese su carta Magnani, 250x270 mm

La tartaruga cosmofora

Tecnica: serigrafia
Dimensione: 250x350 mm
Stampa: carta Magnani, 500x600 mm



La figura della tartaruga é densa di significati simbolici presso ogni cultura, sia per la pecularietá della sua forma che delle sue abitudini biologiche.

Creatura giá familiare e ben conosciuta presso le culture mediterranee incarnava molti aspetti benefici cruciali:

presso i greci veniva associata ad Hermes che dal suo guscio ricavó una cetra (quest’immagine riassunse in un secondo momento l’arte dell’achimia);

Per la sua longevitá rappresenta la lunga vita e l’immutabilitá;

Plutarco l’assurgeva a simbolo delle virtú domestiche poiché la sua casa fa corpo con lei;

Plinio il vecchio specifica che la sua carne costituisce un potente antidoto contro i veleni.

Per la sua duplice natura di animale terrestre e testuggine marina é espressione delle forze profonde della terra e delle acque nonché della pietra filosofale.

In oriente: il rifugiarsi nel carapace la avvicina all’attitudine spirituale della concentazione e all’invulnerabilitá, inoltre la forma di quest’ultimo (sotto tondo e sopra quadrato) condensa le due figure geometriche fondamentali costituenti il cosmo, ne diviene perció il simbolo.

In India é una delle incarnazioni del Dio Vishnu.

Il Granchio è la spuma del mare

Tecnica: acquatinta, acquaforte, puntasecca
Dimensione: 200x200 mm
Stampa: carta Magnani, 380x400 mm



A parte l’estesa simbologia correlata al carattere del segno zodiacale, il granchio partecipa dell’archetipo dell’acqua, come tutte le creature che la abitano dunque, ha un forte collegamento con fecondità, riproduzione, femminilità.

Si diceva i suoi movimenti fossero influenzati dalla luna, perciò era associato alla regolarità del ciclo mestruale e in generale a tutti i fluidi organici.

Per i maya il granchio simboleggiava l’unione e il dominio tra mare e terra perchè vive sia nel mare che sulla spiaggia.

Il granchio, per la sua forma fisica, rappresenta anche la natura dolce e delicata racchiusa in una corazza dura e solida.

Senza Remore e con fertilità

Tecnica: craquelèe, acquaforte
Dimensione: 300x300 mm
Stampa: carta Magnani, 550x600 mm



“C’é un piccolo pesce chiamato Remora. Dicono che, attaccandosi alla carena faccia andare le navi piú lentamente e per questo l’hanno chiamato cosí (...)

Questi vizi li compensa con una sola qualitá: INTERROMPE LA MESTRUAZIONE DELLE DONNE GRAVIDE, TRATTENENDO IL NASCITURO FINO AL MOMENTO DEL PARTO”.  
                
(Plinio)

Remora, in latino é “ritardo, ostacolo”; é questo il significato primo della parola.

In spagnolo é all’inverso: “remora” in senso proprio é il pesce, in senso figurato l’ostacolo.

É un piccolo pesce color cenere dotato di una placca ovale sul collo che gli permette di aderire agli altri corpi sottomarini.

“É curioso vedere come l’idea di rallentare le imbarcazioni si sia trasformata nella capacitá di trattenere e ritardare le altre creature.”

(da J. L. Borges, “Manuale di zoologia fantastica”)

Un irresistibile profumo di .... Balena

Tecnica: maniera allo zucchero, acquaforte
Dimensione: 200x200 mm
Stampa: carta Magnani, 380x400 mm



“Esiste un mostro nel mare detto balena, esso ha due nature. La sua prima natura è questa: quando ha fame, apre la bocca, e DALLA SUA BOCCA ESCE OGNI PROFUMO D’AROMI, e lo sentono i pesci piccoli e accorrono a sciami nella sua bocca, ed essa li inghiotte.

L’altra natura del mostro: esso è di proporzioni enormi, simile ad un’isola: ignorandolo, i naviganti legano ad esso le loro navi, e vi piantano le ancore e gli arpioni; quindi vi accendono il fuoco sopra per cuocersi qualcosa: ma non appena esso sente caldo, s’immerge negli abissi marini e vi trascina le
navi.” 

(Physiologus)

Da questa citazione si evince bene il tipo di simbolismo che ricopriva la balena: era un’incarnazione negativa del demonio e del peccato; anche presso la tradizione ebraica la permanenza di Giona nel suo ventre tenebroso è da ricondurre alla vita trascorsa nel buio del male lontano dalla luce del Signore.

Nella tradizione latina, invece, la balena non figura apertamente, vengono descritti numerosi cetacei dal simbolismo analogo. La cosa davvero curiosa è l’attribuzione dell’alito profumato a questa creatura: dallo stomaco delle balene ancora oggi si ricava l’AMBRA GRIGIA, la sostanza di base dalla quale si sintetizzano tutti i profumi; quindi gli antichi dovevano avere già intuito questa peculiarità.

Ippocampi taumaturgici

Tecnica: maniera allo zucchero, acquaforte
Dimensione: 200x200 mm
Stampa: carta Magnani, 380x400 mm



Le prime descrizioni di questi piccoli animali risalgono giá al I secolo A.C., in Egitto ma soprattutto nel bacino mediterraneo. Ippolito, Galeno e altri intellettuali che operano nel campo ancora ibrido di medicina/magia forniscono accurate notizie circa il loro curioso aspetto e le loro incredibili capacitá taumaturgiche. La polvere di cavalluccio marino era uno degli ingredienti costanti negli antichi ricettari benché non ne fossero totalmente chiare le specifiche qualitá curative. Animale molto familiare e comune per culture “marittime”, la sua presenza era sempre interpretata come benevola e propizia. Tre corpi disseccati sospesi nella propria abitazione scacciavano i malanni e proteggevano la salute di tutta la famiglia. In oriente la sua sorte simbolica non é distinta: il “drago di mare” rappresenta uno spirito potente e benigno. É curioso notare che i possenti ippocampi protagonisti di tanta arte e mitologia greca non siano che una fantastica trasposizione del primo stilema grafico descrittivo di questo essere: una testa ricurva come di cavallo, una coda da serpente marino e il corpo ricoperto di pinne... nella fantasia dei disegnatori il capo si trasformó letteralmente in una testa equina e la sua estremitá venne proporzionalmente ingigantita dando cosí spunto alla poesia per creare questa entitá soprannaturale.

Le Aringhe o il corpo dell’acqua

Tecnica: maniera allo zucchero, acquaforte
Dimensione: 230x760 mm
Stampa: carta Magnani, 300x900 mm






“Esistono quattro animali che vivono di un solo elemento, in esso vivono, di esso si sfamano: la talpa vive di pura terra e non mangia altro che pura terra, l’aringa di pura acqua, il camaleonte di pura aria e la salamandra di puro fuoco” . 

(Physiologus)

Fra gli animali che rappresentavano gli elementi, quello designato per l’acqua era quindi l’aringa. Ciò non deve stupire, infatti, in molti casi, la potenza simbolica di una creatura è direttamente proporzionale alla familiarità che con essa si ha; l’alta disponibilità di aringhe nei mari del nord e di acciughe e sardine nel mediterraneo, giustificano pienamente questa associazione ad un elemento così importante, per un pesce così piccolo.

Esse rappresentavano in primo luogo un’importante risorsa alimentare, e non solo, dalle loro interiora, dalle squame, dagli umori, venivano sintetizzati e inventati ogni genere di medicamenti, da narcotici a pomate, ognuno finalizzato alla cura di un distinto organo, ma prevalentemente destinati alle donne in attesa di matrimonio o gravide.

A parte questo il motivo dell’accostamento è soprattutto morfologico. L’aringa, infatti, è un piccolo pesce argenteo che si muove in grandi banchi formati da numerosissimi individui, ciò faceva naturalmente supporre che la loro capacità riproduttiva fosse alta, e non dobbiamo trascurare che simbolicamente l’acqua partecipa dell’archetipo della fertilità e della riproduzione della natura.

Un’altra affinità, a parte quella del colore, è quella della fluidità del movimento; ancora oggi nonostante la nostra ampia esperienza a proposito di immagini sorprendenti, l’osservazione di un banco resta un avvenimento ipnotico. Per noi umani ormai impoveriti di senso e d’istinto sembra incredibile come tante creature possano tutte essere così sincronizzate nell’andatura verso una direzione.

Il banco ci restituisce la sensazione di un’onda concreta e ritmica, le aringhe seguono la corrente, fittissime e precise sembrano letterarmente incarnare il corpo dell’acqua.

Puro come ... la talpa

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Giá i greci credevano che questo piccolo mammifero fosse capace d’influenzare le forze telluriche, poichè vive sottoterra. Per scongiurare i terremoti si sacrificava un determinato numero di talpe in un giorno prestabilito dell’anno.

Il Physiologus, notando la sua cecità le attribuiva un’importante qualità: “ode così chiaramente che non vi è cosa che possa sorprenderla senza che essa la percepisca, purchè ne esca un suono. Così la natura ripara al difetto della talpa con la voce, e lo fa in maniera talmente perfetta che nessun essere vivente ode così chiaramente; è uno dei cinque animali che superano tutti gli altri per uno dei cinque sensi”.

Per il modo in cui conduce la vita essa é chiaramente associata all’elemento terra, del quale era creduta nutrirsi; per i cristiani che s’ispirarono a queste credenze pagane la talpa divenne l’emblema del buon fedele che, vivendo nelle tenebre della penitenza, conduce una vita modesta in attesa della luce.

Camaleonte come aria

Tecnica: maniera allo zucchero, acquaforte
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Rappresenta lo spirito dell’aria poiché era noto nutrirsi esclusivamente di questo elemento: si pensava lo “catturasse” grazie alla sua lunga lingua.

Per questa ragione la sua natura é pura; cresce e si sviluppa nell’aria, non puó toccare terrra, quindi vive sugli alberi.

In verità esso si nutre d’insetti minuscoli perció anche osservandolo con attenzione é difficile stabilire CHE COSA SI SIA MESSO IN BOCCA.

Come l’aria il camaleonte é trasparente: sa rendersi invisibile per la sua capacitá mimetica.

Questa è l’idea dell’animale che si diffuse fino all’avvento del Cristianesimo: in quel momento la sua qualità specifica di cambiare colore gli fece assumere un simbolismo fortemente negativo, venne assimilato al diavolo che si camuffa per tentare l’ignaro credente.

Anfisbena



Mitico serpente dotato di due teste, una ad ogni estremità del corpo, e dagli occhi lampeggianti. Il nome è composto dalle due parole greche amfis, e bainein che significa “che va in due direzioni”.

La sua natura simbolica è collegata alla terra e all’ambiguità, la sua forma stessa è espressione della continua e contraddittoria battaglia fra Bene e Male Celeste ed Infero.

Fu citata già da Marco Anneo Lucano e Plinio il Vecchio e perfino da Dante nel canto 24 dell’Inferno. Secondo il mito greco fu generata dal sangue gocciolato dalla testa della gorgone Medusa.

“Le due teste gli permettono di procedere sia in avanti che all’indietro senza differenza. Quando una testa dorme, l’altra resta sveglia in guardia.”

(Plinio)

Luce e Lucertole

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“Se per avventura incontrate una lucertola osservate bene: potrebbe essere il vostro doppio che sta cercando la luce oppure sta soccombendo alla forza di gravitá dell’esistenza”

(A. Cattabiani)

Presso gli egizi questo piccolo rettile rappresentava il geroglifico della benevolenza, a causa della sua indole pacifica ed inoffensiva e della suaabitudine di trascorrere intere ore nell’immobilità crogiolandosi al sole. Essa cambia la pelle periodicamente: questa muta diviene l’immagine simbolica delle trasformazioni positive dell’uomo.

Il suo simbolismo per questi atti di ricerca e rinnovamento è stato sempre fortemente positivo presso tutte le culture poichè come il Drácón partecipa dell’archetipo del sole e della luce. È collegata all’idea di resurrezione ed è l’emblema dell’ ANIMA PAZIENTE CHE RINASCE E S’ILLUMINA.

La Salamandra perpetua e la combustione

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Nella nostra realtá essa é un “batraco insettivoro di pelle liscia di colore nerissimo con macchie gialle”.

Nella simbologia alchemica rappresenta lo spirito elementare del fuoco.

Plinio racconta come avesse facoltá di sopravvivere alle fiamme.

Marco Polo narra di allevamenti di queste creature in Oriente, e di donne impegnate a cucire panni incombustibili dalle loro pelli.

Le tele di amianto si vendevano come “pelli di salamandra”. 

Benvenuto Cellini nella “Vitae” descrive la sua visione di questo animale propizio. In veritá ancora oggi durante l’inverno per sfuggire al freddo esse vivono nascoste al buio e al caldo, fra i ciocchi di legna da ardere; perció, alimentando un camino si puó partecipare di quell’apparizione tanto benefica: essa fugge rapidissimamente dalle fiamme SBUCANDO VIVA DAL FUOCO, che da lì abbia origine a noi pare improbabile, ormai.